Alberi

Quando posso tornare per qualche ora a sperdermi in questi boschi, che anche nel frusciare al vento mi pare che discorrano con accento toscano, è come se ritrovassi fuori del tempo il paese della prima infanzia e m’accorgessi che da tutte le finestre i miei compagni di allora, immutati essi nel volto e nell’animo, mi riconoscono dopo lunga assenza e scendono sulle porte a farmi festa.
… Nei sentieri dei boschi, lungo i quali non cambian gli stili delle architetture, ritrovo presenti come se li avessi lasciati ieri, ignari che nel frattempo decine e decine di volte le foglie siano cadute, i giovani amici di allora. Questo periodico rispuntare degli stessi teneri germogli in cima agli stessi rami, non è un susseguirsi di generazioni, ognuna delle quali ricominci ad esser giovane per conto suo e pretenda di svecchiar le amicizie secondo i suoi gusti, ma è un periodico riaffermarsi di una presenza eterna, sottratta alle discendenze e ai declini. Il fiore che ritrovi a distanza di cinquanta aprili su quella stessa proda dove lo lasciasti sbocciato, è rimasto incantato da allora nella fresca fisionomia di quell’attimo: nel ritrovarsi con lui, immutato e fedele dopo tanto distacco, si può anche non sentire quell’ansia di reciproca pietà che gli incontri con le vecchie conoscenze ridestano di solito nel cuore degli uomini, giovani una volta sola.
Felici gli alberi, che quando marzo rimette in fermento i succhi dell’adolescenza, possono, col gusto avvertito dall’esperienza di tanti autunni, riaffacciarsi non ignari sulla soglia del primo amore. Questi tronchi spogli che alla fine di decembre erano scheletri, si ritrovano a febbraio sotto la vecchia scorza l’irrequietezza delle nuove gemme: e anche prima che essa erompa in fronde, quella nudità dei rami, che un mese prima aveva l’aspetto desolato della decrepitezza, si tramuta dall’interno, senza visibili cambiamenti, in quella scarna asciuttezza di pelle che hanno gli adolescenti alla vigilia della pubertà. A chi si contenti di guardare le forme, tra un bosco di decembre e un bosco di febbraio non c’è differenza: ma in febbraio quegli stecchi irrigiditi dall’inverno sono già immersi in una ambigua nebbia acquerellata, ove par che si stirino e si snodino dal torpore, prima di riaprir gli occhi. Si sono addormentati alla fine della stagione racchiudendo in se stessi lo struggente rimpianto dei vecchi per i beni perduti: e si risvegliano giovinetti, con tutti quei beni dinanzi a sé ancora intatti, e pur già conoscendo, come da un’esperienza vissuta in sogno, tutta la vicenda di quel passato che per essi ogni anno ridiventa avvenire.

da INVENTARIO DELLA CASA DI CAMPAGNA, capitolo IV – Erbari, parte 1° – di Piero Calamandrei

Si ringrazia Cecilia Gallia per la lettura.

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NUVOLARIO di PAROLE
Bellezza, stupore e meraviglia richiamano ad un ascolto profondo della Natura. Oltre l’avventura di camminare, girovagando per scoprire nuovi paesaggi, nuovi scenari naturalistici, desideriamo ora accompagnarvi in un luogo immaginario, di condivisione di scritti e liriche, che intendono dar voce a storie, vissuti, esperienze di vicinanza alle piante, agli animali, al mondo inanimato, alla Terra e al Cielo.
…uno spazio aperto in un intervallo atemporale che ci piace chiamare: NUVOLARIO di PAROLE.