la Mandragora

Come il borametz, la mandragora confina col regno animale, perché grida quando la svellono; questo grido può fare impazzire chi lo sente (Romeo e Giulietta, IV, 3). Pitagora la chiamò antropomorfa; l’agronomo latino Lucio Columella, semiuomo; e Alberto Magno poté scrivere che le mandragore figurano l’umanità, con la distinzione dei sessi. Prima, Plinio aveva detto che la mandragora bianca è il maschio e la nera è la femmina. Quelli che la colgono, aveva anche detto, le tracciano intorno tre cerchi con la spada, e guardano a ponente; l’odore delle foglie è così forte da lasciare ammutoliti. Sradicarla, era mettersi a rischio di spaventose calamità; nell’ultimo libro delle sue Antichità Giudaiche, Flavio Giuseppe consiglia di ricorre a un cane addestrato. Sradicata la pianta, l’animale muore; ma le foglie servono a usi narcotici, magici ed emollienti.

“La presunta forma umana delle mandragore ha suggerito alla superstizione l’idea che crescano al piede dei patiboli. Browne (Pseudodoxia Epidemica, 1646) parla del grasso degl’impiccati; il romanziere popolare Hanns Heinz Ewers (Alraune, 1913), della semenza. Mandragora, in tedesco, è Alraune, che una volta si diceva Alruna; la parola deriva da runa, che significò mistero, cosa nascosta, e s’applicò poi ai caratteri del prima alfabeto germanico”.

La Genesi (XXX, 14) contiene un curioso accenno alle virtù generative della mandragora. Nel secolo XIII, un commentatore ebreotedesco del Talmud scrisse queste righe:

“Una specie di corda esce da una radice nel suolo, e alla corda sta attaccato per l’ombelico, come zucca o melone, l’animale chiamato yadu’a; ma lo yadu’a è in tutto eguale agli uomini: faccia, corpo, mani e piedi. Strappa e distrugge ogni cosa, fin dove arriva la corda. Bisogna rompere la corda con una freccia, e allora l’animale muore”.

Il medico Discoride identificò la mandragora con la circea, o erba di Circe, di cui nell’Odissea, libro X si legge:

“La radice è nera, ma il fiore è come latte. E’ difficile impresa per gli uomini strapparla da terra, ma gli dei sono onnipotenti”.

 

Da Manuale di zoologia fantastica, di Jorge Luis Borges e Margarita Guerrero.

Si ringrazia Cecilia Gallia per la lettura.

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NUVOLARIO di PAROLE
Bellezza, stupore e meraviglia richiamano ad un ascolto profondo della Natura. Oltre l’avventura di camminare, girovagando per scoprire nuovi paesaggi, nuovi scenari naturalistici, desideriamo ora accompagnarvi in un luogo immaginario, di condivisione di scritti e liriche, che intendono dar voce a storie, vissuti, esperienze di vicinanza alle piante, agli animali, al mondo inanimato, alla Terra e al Cielo.
…uno spazio aperto in un intervallo atemporale che ci piace chiamare: NUVOLARIO di PAROLE.