i Capperi

… Ricordo che (il nonno) seminava i cipressi in un grande tegame di coccio, il quale dopo pochi giorni si copriva di una fitta erbolina azzurrastra: certi tronchi che oggi appena li abbraccio, li ho visti spuntare così, dalla terra di quel tegame, come fili di sparagina.
E poi seminava i capperi: questa era un’operazione più delicata.
Sul muro del villino, lungo la strada maestra, pendevano dalle connettiture folti cespugli ricascanti, sui quali a mezza estate si affacciavano dall’ascella di ogni foglia certi minuti bottoncini nerastri, di cui il nonno faceva periodicamente la raccolta, staccandoli coll’unghia uno per uno fino a colmarne un barattolo di latta, come se fossero frutti preziosi. In realtà non erano frutti ma bocci di fiori: e quei pochi che lasciava fare per il seme, sbocciavano di lì a poco in grandi corolle un po’ gracili che sfoggiavano con visibile boria aristocratica elegantissimi spennacchi di pistilli; ma la maggior parte di queste pallottoline non arrivavano a fiorire, perché, come ho detto, erano colte in boccio, e diventavano così, dopo essere state accuratamente seccate all’ombra, quei famosi capperi che i gastronomi esperti mettono a base di tutte le salse piccanti.
Ogni tanto, dopo gli inverni più rigidi, queste piante morivano: e allora, per far la nuova sementa, solo il nonno aveva la ricetta. I semini secchi, tenuti in riserva nella scatolina dello scrittoio, erano messi a rinvenire in una specie di pomata composta, destinata a servire insieme da cemento e da ingrasso: tra gli ingredienti che concorrevano a formarla entrava in parte terriccio, ma l’elemento più ghiotto di quella composizione era qualcosa che il nonno andava gravemente a raccogliere, con una palettina, nella stalla dei buoi. Così, con quel mastice nerastro, entro il quale i semini si trovavano alloggiati con ogni agio, il nonno con una piccola cazzuola da muratore, stuccava a nuovo tutte le screpolature del rustico muro: e dopo poche settimane proprio da quello stucco si affacciavano fuori le nuove piantine pendule, pronte a produrre i loro nobili fiori: dove si vede da quali modeste origini cominci talvolta la nobiltà.

Da INVENTARIO DELLA CASA DI CAMPAGNA di Pietro Calamandrei

Si ringrazia Cecilia Gallia per la lettura.

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NUVOLARIO di PAROLE
Bellezza, stupore e meraviglia richiamano ad un ascolto profondo della Natura. Oltre l’avventura di camminare, girovagando per scoprire nuovi paesaggi, nuovi scenari naturalistici, desideriamo ora accompagnarvi in un luogo immaginario, di condivisione di scritti e liriche, che intendono dar voce a storie, vissuti, esperienze di vicinanza alle piante, agli animali, al mondo inanimato, alla Terra e al Cielo.
…uno spazio aperto in un intervallo atemporale che ci piace chiamare: NUVOLARIO di PAROLE.