La grande cecità

I miei antenati sono stati rifugiati ambientali molto prima che si coniasse tale definizione.
Venivano da quello che oggi è il Bangladesh, e il loro villaggio si trovava sulla riva del fiume Padma, uno dei più possenti corsi d’acqua di quella regione. Stando ai racconti di mio padre, le cose andarono così: un giorno, intorno al 1950, il grande fiume deviò all’improvviso dal suo corso, sommergendo il villaggio; solo alcuni abitanti riuscirono a fuggire dove il terreno era più alto. Fu tale catastrofe a disancorare i miei avi, che cominciarono a spostarsi verso Occidente e non si fermarono fino al 1856, quando si insediarono sulle sponde di un altro fiume, il Gange, in Bihar.
Sentii questa storia per la prima volta durante un nostalgico viaggio famigliare, mentre discendevano il fiume Padma su un battello a vapore. Ero un bambino, allora, e scrutando quelle acque vorticose immaginavo una grande tempesta, con le palme da cocco che si flettevano all’indietro fino a sfiorare il terreno con le foglie; mi sembrava di vedere le donne e i bambini in fuga tra gli ululati del vento mentre le acque si gonfiavano alle loro spalle. Pensavo ai miei antenati accoccolati su un terrapieno, mentre le loro case venivano spazzate via.
Ancora oggi, quando penso alle circostanze che hanno modellato la mia vita, ricordo la furia degli elementi che sradicò i miei antenati dalla loro terra d’origine costringendoli a una serie di viaggi che hanno preceduto, e reso possibili, i miei.

Amitav Ghosh, La grande cecità. Il cambiamento climatico e l’impensabile – Neri Pozza pag. 10.

Si ringrazia per il contributo Cristina Michieli

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NUVOLARIO di PAROLE

Bellezza, stupore e meraviglia richiamano ad un ascolto profondo della Natura. Oltre l’avventura di camminare, girovagando per scoprire nuovi paesaggi, nuovi scenari naturalistici, desideriamo ora accompagnarvi in un luogo immaginario, di condivisione di scritti e liriche, che intendono dar voce a storie, vissuti, esperienze di vicinanza alle piante, agli animali, al mondo inanimato, alla Terra e al Cielo.

…uno spazio aperto in un intervallo atemporale che ci piace chiamare: NUVOLARIO di PAROLE