Le voci del bosco, il pero

Dove l’uomo costruiva la sua casa, prima o dopo arrivavano il pero e il melo.
Per loro i nostri vecchi nutrivano un sacro rispetto. Tagliavano spesso il ciliegio, ma il melo e il pero quasi mai. Nelle parche mense dei montanari le pere e le mele avevano molta importanza. E guai a quei ragazzi che osavano rubare i frutti sugli alberi di altre famiglie. Rischiavano severe bastonate e, nei casi peggiori, anche un colpo di ronchetto.
Ricordo un’estate lontana, quando assieme all’amico Franco, attraversai il lago del Vajont su una rudimentale zattera di tronchi per andare a rubare le pere in un piccolo ma ricco frutteto sui prati di Marzana. Ci eravamo muniti di un tascapane perché volevamo rubarne una buona quantità. Era l’imbrunire quando iniziammo il raccolto, arrampicati entrambi sullo stesso albero. Ad un tratto, Franco notò i cespugli della siepe muoversi e intuì. Fece in tempo a saltar giù e dileguarsi, non prima di aver schivato con uno scatto la roncola del padrone. Io rimasi lassù, tra i rami, mentre di sotto, sul prato, il proprietario, agitava in aria l’arma e con voce terribile ripeteva: “uncùi to su mort” (stavolta sei morto). Io, in alto, mi sentivo al sicuro; il problema era scendere. Ma visto che, stando alle sue parole, forse dovevo morire, come ultimo desiderio pensai di continuare a mangiare le sue dolcissime pere senza dimenticare di tirargli i torsoli in testa. A quel punto smise del tutto di ragionare. Sembrava un cinghiale ferito. Girava come impazzito intorno alla piante, urlava e bestemmiava e ogni tanto piantava con ferocia la roncola nell’erba come se in quel punto ci fossi io. Stava per venire scuro, quando Franco ebbe il colpo di genio. “Parécete” (preparati) – mi urlò – nascosto lì vicino. Nella sua poca luce che restava, lo vidi attaccarsi ai rami di un altro pero poco distante e far finta di salirvi per rubare i frutti. L’energumeno mollò per un attimo il mio assedio e si scagliò come una furia verso l’amico che nel frattempo, ottenuto ciò che voleva, era già saltato giù e sparito. A me bastò quell’attimo per saltare a mia volta e dileguarmi.

Le voci del bosco, di Mauro Corona

Si ringrazia Monica Michieli per il contributo.

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NUVOLARIO di PAROLE
Bellezza, stupore e meraviglia richiamano ad un ascolto profondo della Natura. Oltre l’avventura di camminare, girovagando per scoprire nuovi paesaggi, nuovi scenari naturalistici, desideriamo ora accompagnarvi in un luogo immaginario, di condivisione di scritti e liriche, che intendono dar voce a storie, vissuti, esperienze di vicinanza alle piante, agli animali, al mondo inanimato, alla Terra e al Cielo.
…uno spazio aperto in un intervallo atemporale che ci piace chiamare: NUVOLARIO di PAROLE.