L’albero cosmico e il presepe (sesta parte)

Allorché Tolkien ha introdotto sul suo Il Signore degli Anelli gli Ent, esseri fra l’umano e l’arboreo e “pastori d’alberi”, egli – come del resto William Shakespeare aveva già fatto con la sua “foresta in marcia” alla fine del Macbeth – ha ben saputo ricollegarsi a un tessuto mitico-folklorico di estrema ricchezza. A loro volta la teologia e l’iconografia cristiana con il tema della “verga di Jesse”, hanno ben qualificato il simbolo dell’albero come forza generativa. E le luci e i doni appesi all’albero natalizio sono lì a simboleggiare la versione cristiana di questa forza, l’inesauribile ricchezza della Grazia e la potenza fecondatrice della divinità. Per quanto possano essere ormai divenuti espressione d’un mondo consumistico, essi rinviano a un principio sacrale. Allo stesso modo, appeso all’”Albero della Cuccagna” della nostra vecchia tradizione popolare, c’era appunto – potenza delle espressioni in apparenza spontanee, irriflesse! – “ogni ben di Dio”.
Albero insomma come dispensatore d’abbondanza, come principio di generatività. C’è sempre un albero al centro del mondo: è appunto quel che ci dice la simbologia edenica della Bibbia al pari delle varie mitologie nelle quali esiste il tema dell’Albero Cosmico inteso quale Asse del Mondo, che sostiene l’universo ponendone in comunicazione i vari livelli, e che ancora una volta Tolkien è ben riuscito a presentare nell’albero-regno di Lothlorièn. Inteso come forza che sostiene e alimenta il cosmo, l’albero è simbolo del luminare maius, il sole. E difatti il folklore giunge a darcene puntuale conferma. In varie parti d’Italia, il vero e proprio “albero di Natale” tradizionale non è l’abete adorno di luci e di ninnoli, ma il “ceppo” che viene messo a bruciare nel camino e che si consuma nelle dodici notti di fine dell’anno come il sole compie il suo giro apparente attorno alla terra in dodici mesi. Il grosso, stagionato ciocco, dona agli uomini gli stessi doni del sole, cioè luce e calore. E nella saga del nostro medioevo noi troviamo l’Albero Secco, detto anche Albero del Sole, come presenza della geografia fantastica dell’Oriente asiatico ma anche come valore mitico-profetico: esso rifiorirà allorché l’imprenditore dei Tempi Ultimi, il Nuovo Federico, vi appenderà il suo scudo, segnando così il ritorno di Astrea, cioè la restaurazione dell’Ordine e del Diritto. Gli alberi del sole e della luna, anch’essi profetici e parlanti (si ricordi la quercia sacra a Zeus a Dodona), sono al centro di un episodio del Guerrin Meschino.
Il ceppo che nel camino si consuma è il vecchio sole che muore nel solstizio d’inverno. Ma subito dopo risorge, rinnovato: è il Bambino di Betlemme, che scaturisce dalla grotta della Natività come dal seno della Vergine.

Da L’albero cosmico e il presepe di Franco Cardini in Il Natale storia e leggende di Francesco Grisi 1988.

Lettura a cura di Cecilia Gallia.

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NUVOLARIO di PAROLE
Bellezza, stupore e meraviglia richiamano ad un ascolto profondo della Natura. Oltre l’avventura di camminare, girovagando per scoprire nuovi paesaggi, nuovi scenari naturalistici, desideriamo ora accompagnarvi in un luogo immaginario, di condivisione di scritti e liriche, che intendono dar voce a storie, vissuti, esperienze di vicinanza alle piante, agli animali, al mondo inanimato, alla Terra e al Cielo.
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