L’uomo che piantava gli alberi

L’indomani il pastore fece uscire il suo gregge e lo portò al pascolo. Prima di uscire, bagnò in un secchio d’acqua il sacco in cui aveva messo le ghiande meticolosamente scelte e contate.
Notai che al posto del bastone portava un’asta di ferro della grossezza di un pollice e lunga un metro e mezzo. Lasciò il piccolo gregge in guardia al cane e salì più a monte. Arrivato dove desiderava, cominciò a piantare la sua asta di ferro in terra. Faceva così un buco nel quale depositava una ghianda, dopo di che turava di nuovo il buco. Piantava querce. Gli domandai se quella terra gli apparteneva. Mi rispose di no. Non gli interessava conoscerne i proprietari. Piantò così le cento ghiande con estrema cura.
Da tre anni piantava alberi in quella solitudine. Ne aveva piantati centomila. Di centomila, ne erano spuntati ventimila. Di quei ventimila, contava di perderne ancora la metà, a causa dei roditori o di tutto quel che c’è di imprevedibile. Restavano diecimila querce che sarebbero cresciute in un posto dove prima non c’era nulla.
Fu in quel momento che mi interessai all’età di quell’uomo. Aveva cinquantacinque anni e si chiamava Elzéard Bouffier. Dopo aver perso l’unico figlio e la moglie si era ritirato nella solitudine dove trovava piacere a vivere lentamente, con le pecore e il cane. Aveva pensato che quel paese sarebbe morto per mancanza d’alberi. Aggiunse che, non avendo altre occupazioni più importanti, s’era risolto a rimediare a quello stato di cose.
[…]
Ho visto Elzéard Bouffier per l’ultima volta nel giugno 1945. Aveva ottantasette anni. Raggiunsi con una corriera un villaggio un tempo in rovina. Nel 1913 quella frazione di una dozzina di case contava tre abitanti. Ora tutto era cambiato. L’aria stessa. Avevano sgomberato le rovine e costruito case nuove circondate da orti. Era ormai un posto dove si aveva voglia di abitare.
Ora la zona risplende di salute e felicità. Le vecchie fonti, alimentate dalle piogge e le nevi che la foresta ritiene, hanno ripreso a scorrere. I villaggi si sono ricostruiti poco a poco. Una popolazione venuta dalle pianure si è stabilita qui, portando gioventù, movimento, spirito d’avventura. Se si conta la vecchia popolazione, più di diecimila persone devono la loro felicità a Elzéard Bouffier.
Quando penso che un uomo solo è bastato a far uscire dal deserto quel paese trovo che, malgrado tutto, la condizione umana sia ammirevole. Ma, se metto in conto quanto c’è voluto di costanza nella grandezza d’animo e d’accanimento nella generosità per ottenere questo risultato, l’anima mi si riempie d’un enorme rispetto per quel vecchio contadino senza cultura che ha saputo portare a buon fine un’opera degna di Dio.

Tratto da L’uomo che piantava alberi di Jean Giono

Si ringrazia Monica Michieli per la sua condivisione.

I parte

II parte

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NUVOLARIO di PAROLE
Bellezza, stupore e meraviglia richiamano ad un ascolto profondo della Natura. Oltre l’avventura di camminare, girovagando per scoprire nuovi paesaggi, nuovi scenari naturalistici, desideriamo ora accompagnarvi in un luogo immaginario, di condivisione di scritti e liriche, che intendono dar voce a storie, vissuti, esperienze di vicinanza alle piante, agli animali, al mondo inanimato, alla Terra e al Cielo.
…uno spazio aperto in un intervallo atemporale che ci piace chiamare: NUVOLARIO di PAROLE.