Uomo e Natura nel pensiero degli Indiani d’America

Come l’albero non finisce
con le punte delle sue radici
o dei suoi rami,
e l’uccello non finisce
con le sue piume e col suo volo,
e la Terra non finisce
con i suoi monti più alti:
così anch’io non finisco
con le mie braccia, i miei piedi,
la mia pelle,
ma mi espando di continuo
con la mia voce e il mio pensiero,
oltre ogni spazio e ogni tempo,

perché la mia anima è il mondo.

(Apparenze, poesia di Norman H. Russel, indiano cherokee)

Apparteniamo a un mondo senza patria (che non possediamo, senza confini), a una Terra ricca e ospitale che è la nostra casa, il nostro paesaggio, il nostro paese, la nostra città… il nostro universo.
Nella cultura degli indiani d’America il rispetto per la Natura e per tutte le forme in cui si manifesta era sacro. La loro era una visione del mondo di continuo scambio e interdipendenza, una concezione della vita come partecipazione incessante alla creazione.
“Un uomo non dovrebbe mai camminare con tanto impeto da lasciare tracce così profonde che il vento non le possa cancellare”.
Avvicinarci a questa sensibilità, a questa filosofia con spirito critico e di ricerca può essere una via per scoprire la sacralità dei luoghi e prendersi cura della nostra casa, del nostro paesaggio, del nostro paese, della nostra città, del nostro mondo a cui tutti indistintamente, esseri animati e inanimati, apparteniamo.